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Corte Suprema di Cassazione: i messaggi WhatsApp costituiscono corrispondenza anche se già letti e conservati dal destinatario e ad essi si applica la disciplina del sequestro di corrispondenza.

Con la sentenza n. 25549 del 28 giugno 2024 la Suprema Corte di Cassazione ha per la prima volta applicato il nuovo orientamento espresso dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 170 del 2023 ed ha chiarito se i messaggi di WhatsApp, dopo essere stati letti e conservati dal destinatario, devono essere acquisiti nel rispetto della disciplina delle intercettazioni di comunicazioni informatiche o telematiche oppure di quella del sequestro di corrispondenza oppure di quella dei semplici documenti.

Fino alla pronuncia della Corte costituzionale (che ha stabilito che far perdere ai messaggi WhatsApp la natura di corrispondenza soltanto perché letti restringerebbe l'ambito della tutela costituzionale di cui all'art. 15 Cost.) la Suprema Corte seguiva un indirizzo che riconduceva i messaggi del social letti e conservati a meri documenti, rendendo applicabile l’articolo 234 c.p.p., stabilendo che: “in tema di mezzi di prova, i messaggi di posta elettronica i messaggi WhatsApp e gli SMS conservati nella memoria di un dispositivo elettronico conservano la natura di corrispondenza anche dopo la ricezione da parte del destinatario, almeno fino a quando per il decorso del tempo per altra causa essi non abbiano perso ogni carattere di attualità, in rapporto all'interesse e alla sua riservatezza, trasformandosi in un mero documento storico sicché - fino a quel momento - la loro acquisizione deve avvenire secondo le forme previste dall'art. 254 cod. proc. pen. per il sequestro della corrispondenza”.
 
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