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INFORMATION TECHNOLOGY

Corte di Cassazione: in tema di firma digitale non servono ulteriori accertamenti se l’atto ha estensione pdf.p7m.

Con la sua sentenza 2 agosto 2024, n. 31767 la Suprema Corte di Cassazione – riprendendo un orientamento del 2023 – ricorda che in via generale la mancata presenza della annotazione dell’avvenuta firma digitale su un atto non significa che l'atto non sia stato sottoscritto digitalmente.

In particolare, le firme digitali possono essere di due tipi: la c.d. PAdES-BES o PAdES Part 3 o la CAdES-BES.

Solo nel caso della firma PAdES il file presenta una rappresentazione grafica della firma, mentre nel secondo caso (con la firma CADES, che non ha alcun segno grafico di firma) il file presenta un’estensione .p7m e può essere aperto mediante la funzionalità di verifica offerta dallo stesso software di firma. La stampa di un documento digitale non è mai idonea a rivelare se esso sia stato o meno sottoscritto digitalmente, da chi, quando e se la firma fosse valida al momento dell'apposizione.

La verifica di esistenza e validità della firma digitale può infatti essere effettuata solo con gli appositi software di firma (Dike, Firma Certa, Firma Ok Gold etc.) o attraverso il software ministeriale. O può essere insita nell'estensione stessa del file.

Ai fini della verifica della sussistenza della firma digitale di un atto, non sussiste la necessità di ulteriori accertamenti qualora risulti in atti che il file abbia estensione pdf.p7m in quanto tale estensione è essa stessa probante dell'avvenuta firma digitale dell'atto.
 
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