TUTELA DEI DATI PERSONALI
Corte Europea dei Diritti Umani:i datori di lavoro possono monitorare le chat di messaggistica istantanea dei dipendenti in presenza di regolamento che ne vieta l’utilizzo.
La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha dichiarato che non vi è violazione del diritto al rispetto della vita privata, familiare e della corrispondenza nel caso in cui un datore di lavoro monitori le chat di messaggistica istantanea utilizzate dai propri dipendenti per finalità connesse al rapporto di lavoro.
I giudici di Strasburgo hanno infatti chiarito che non vi è la presenza di un comportamento irragionevole se, durante l’orario di lavoro, viene avviato un controllo su ciò che gli impiegati svolgono. Il monitorare la messaggistica istantanea da parte del datore di lavoro non è dunque un comportamento lesivo dell’articolo 8 del Convenzione Europea dei Diritti Umani (“Articolo”), articolo che salvaguarda la vita privata e familiare dei singoli.
Il caso in questione riguarda un dipendente licenziato dal proprio datore di lavoro in quanto scoperto ad utilizzare il servizio interno di messaggistica istantanea per comunicare con propri familiari, nonostante ciò fosse chiaramente vietato dal regolamento aziendale e nonostante il preventivo avviso, da parte del datore, dell’imminente controllo sugli account di messaggistica aziendale dei dipendenti.
Egli fece dapprima ricorso al tribunale nazionale, che rigettò in primo grado la domanda. Alla stessa conclusione giunse la Corte d’Appello, ritenendo che il controllo svolto dal datore di lavoro fosse l’unico modo per verificare il non rispetto del regolamento aziendale.
La Corte internazionale ha stabilito che occorre un giusto bilanciamento tra il diritto al rispetto della vita privata e l’interesse del datore di lavoro e ha rilevato come non si possa ravvisare una violazione dell’Articolo. Secondo la Corte il vero obbiettivo di quest’ultimo è proteggere il singolo dall’arbitraria interferenza delle autorità pubbliche, mentre nel caso di specie il dipendente lamentava l’interferenza da soggetto privato, dovendosi pertanto escludere che ricorresse un’ipotesi di interferenza dell’autorità pubblica.
I giudici europei, inoltre, hanno rilevato come le trascrizioni delle conversazioni effettuate dal dipendente e prodotte davanti ai giudici nazionali, non rivelassero l’identità degli interlocutori né il reale contenuto delle comunicazioni.
In conclusione, la Corte ha confermato il giudizio delle corti nazionali, rilevando come le medesime abbiano correttamente stabilito che il datore di lavoro privato abbia agito seguendo il codice del lavoro e il regolamento aziendale.
(Fonte: Sito web Filodiritto - Autore: Elena Fava - Titolarità dei contenuti: Inforomatica Giuridica S.r.l.).