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TUTELA DEI DATI PERSONALI

Il parere del Gruppo dei Garanti privacy UE sul nuovo accordo USA - UE denominato Privacy Shield.

Un testo complesso e a tratti incoerente nei suoi allegati e nelle sue previsioni, e non armonico rispetto al quadro normativo in fieri dell'Unione Europea, un testo ancora incapace di garantire ai cittadini del Vecchio Continente le tutele che la legge fissa per loro anche nel momento in cui affidano i propri dati alle multinazionali che li tratteranno e li faranno fruttare su server oltreoceano.

Il gruppo di lavoro Article 29, che sta supervisionando l'operato della Commissione Europea nelle riformulazione di accordi che possano rimediare alle falle degli invalidati accordi Safe Harbor ha espresso dubbi sostanziali sul nuovo accordo.

I garanti europei, dopo aver analizzato l'operato della Commissione Europea, non si possono dire pienamente soddisfatti: pur avendo descritto lo UE-USA Privacy Shield come un "miglioramento" rispetto agli accordi Safe Harbor e come un "grande passo avanti", non hanno rinunciato a sottolineare i dubbi e le criticità di un testo che si auspica ancora lontano dall'essere definitivo. I testi all'esame sono risultati "complessi" e "non sempre coerenti fra loro" e per questo motivo è stato arduo valutarli nel loro insieme.

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A preoccupare il gruppo di lavoro c'è l'aspetto commerciale dell'accordo, che soffre di definizioni poco aderenti a quelle delle regolamentazioni europee in materia, complicando il compito di stabilire se e quanto le garanzie offerte ai cittadini europee siano vincolanti per le aziende che operano al di fuori dei confini dell'UE.

Ma oggetto di dibattito restano soprattutto le deroghe concesse alle autorità nell'accesso ai dati dei cittadini europei conservati su server statunitensi: la Corte di Giustizia dell'Unione Europea aveva ravvisato nelle rivelazioni del Datagate testimonianze sufficienti di una sorveglianza indiscriminata e di massa sui dati dei cittadini europei. Al momento, spiegano i garanti, "l'Office of the Director of National Intelligence (ODNI) statunitense non esclude la raccolta di massa e indiscriminata di dati personali che hanno origine nell'Unione Europea" e i limiti all'azione delle autorità statunitensi rimangono ancora "poco chiari" e interpretabili con "ampia" discrezionalità. Facendo riferimento anche al rinnovato impulso alla sorveglianza stimolato dal timore nei confronti del terrorismo, il gruppo di lavoro osserva che la supervisione di un'autorità indipendente come quella descritta nelle bozze del Privacy Shiald potrebbe non essere sufficiente a scongiurare gli abusi.

Ad ogni modo, l'Article 29 Working Party concede diplomaticamente che i testi esaminati non siano ancora quelli definitivi, anche perché non lambiscono in alcun modo la riforma del quadro normativo relativo alla protezione dei dati che negli anni ha preso forma nel regolamento approvato definitivamente dal Parlamento europeo il 14 Aprile 2016. I garanti europei raccomandano quindi alla Commissione di fare chiarezza e di armonizzare le bozze dell'accordo prima di fissarlo nel testo definitivo che dovrà tutelare i cittadini.

(Fonte: Sito web Punto Informatico – www.punto-informatico.it   –  Autore: Gaia Bottà -  Titolarità dei contenuti: Testata editoriale Punto Informatico  edita da De Andreis Editore S.r.l. a socio unico, Gruppo Edizioni Master S.p.A.).

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