TUTELA DEI DATI PERSONALI
Corte di Giustizia UE: il consenso di un abbonato telefonico alla pubblicazione dei propri dati si riferisce anche all’utilizzo dei medesimi in un altro Stato membro.
La società belga European Directory Assistance (EDA) fornisce elenchi abbonati e servizi di consultazione telefonica accessibili dal territorio belga. Essa ha chiesto alle imprese che attribuiscono numeri di telefono ad abbonati dei Paesi Bassi (vale a dire Tele2, Ziggo e Vodafone Libertel) di mettere a sua disposizione i dati relativi ai loro abbonati, avvalendosi a tale riguardo di un obbligo previsto dalla legislazione dei Paesi Bassi che traspone la direttiva europea sul «servizio universale» (Direttiva 2002/22/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 7 marzo 2002 relativa al servizio universale e ai diritti degli utenti in materia di reti e di servizi di comunicazione elettronica (GU 2002, L 108, pag. 51), come modificata dalla direttiva 2009/136/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009 (GU 2009, L 337, pag. 11).
Ritenendo di non essere tenute a fornire i dati in questione a un’impresa avente sede in un altro Stato membro, le imprese suddette hanno rifiutato di fornire i dati richiesti.
Adito della controversia, il College van Beroep voor het bedrijfsleven (Corte d’appello del contenzioso amministrativo in materia economica, Paesi Bassi) ha sollevato alcune questioni pregiudiziali dinanzi alla Corte di giustizia. Oltre a chiedere se un’impresa sia tenuta a mettere i dati relativi ai suoi abbonati a disposizione di un fornitore di elenchi abbonati e servizi di consultazione con sede in un altro Stato membro, tale giudice chiede se, in caso di risposta affermativa, si debba lasciare agli abbonati la scelta di dare o meno il proprio consenso a seconda dei paesi in cui l’impresa che chiede i dati in questione fornisce i propri servizi. A tale riguardo, il giudice dei Paesi Bassi chiede come debbano essere contemperati il rispetto del principio di non discriminazione e la tutela della vita privata.
Nella sua sentenza, la Corte dichiara, in risposta alla prima questione, che la direttiva «servizio universale» si applica anche alle richieste provenienti da un’impresa che abbia sede in uno Stato membro diverso da quello in cui hanno sede le imprese che attribuiscono numeri di telefono agli abbonati.
Infatti, dal testo stesso del pertinente articolo della direttiva, risulta che tale disposizione riguarda qualsiasi richiesta ragionevole di rendere disponibili le informazioni necessarie ai fini della fornitura di elenchi e di servizi di consultazione accessibili al pubblico. Tale articolo esige inoltre che ciò avvenga a condizioni non discriminatorie.
Il suddetto articolo non distingue pertanto a seconda che la richiesta sia formulata da parte di un’impresa con sede nello stesso Stato membro in cui ha sede l’impresa a cui tale richiesta è indirizzata o in un altro Stato membro. Tale assenza di distinzione è conforme allo scopo perseguito dalla direttiva, che mira, in particolare, a garantire la disponibilità in tutta l’Unione di servizi di buona qualità accessibili al pubblico attraverso una concorrenza efficace e un’effettiva possibilità di scelta.
Inoltre, il rifiuto di mettere i dati relativi agli abbonati a disposizione dei richiedenti, per il solo motivo che questi ultimi avrebbero sede in un altro Stato membro, sarebbe incompatibile con il principio di non discriminazione.
Per quanto riguarda la questione se si debba lasciare agli abbonati la scelta di dare o meno il proprio consenso a seconda dei paesi in cui l’impresa che chiede i dati in questione fornisce i propri servizi, la Corte fa riferimento alla sua giurisprudenza precedente 3. Quando un abbonato sia stato informato dall’impresa che gli ha assegnato un numero di telefono della possibilità che i suoi dati personali siano trasmessi ad un’impresa terza per essere inseriti in un elenco pubblico, e abbia acconsentito a tale pubblicazione, l’abbonato in questione non deve dare nuovamente il suo consenso alla trasmissione degli stessi dati ad un’altra impresa, qualora venga garantito che i dati in questione non saranno usati per scopi diversi da quelli per cui sono stati raccolti al fine della loro prima pubblicazione.
Infatti, in simili circostanze, la trasmissione di questi stessi dati ad un’altra impresa che intende pubblicare un elenco pubblico, senza che detto abbonato abbia nuovamente prestato il proprio consenso, non lede la sostanza stessa del diritto alla tutela dei dati personali, quale riconosciuto dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
Peraltro, la Corte constata che, a prescindere dal suo luogo di stabilimento nell’Unione, l’impresa che fornisce elenchi abbonati e servizi di consultazione accessibili al pubblico opera in un quadro normativo ampiamente armonizzato, che consente di assicurare in tutta l’Unione il medesimo rispetto dei requisiti in materia di tutela dei dati personali degli abbonati.
Di conseguenza, non occorre che l’impresa che attribuisce i numeri di telefono ai suoi abbonati richieda il consenso dell’abbonato in maniera tale che quest’ultimo esprima il proprio consenso in modo distinto a seconda dello Stato membro verso il quale i dati che lo riguardano possono essere trasmessi.
(Fonte: Comunicato Stampa n. 31/2017 della Corte di Giustizia dell’Unione Europea – Autore e Titolarità dei contenuti: Corte di Giustizia dell’Unione Europea).