TUTELA DEI DATI PERSONALI
Il Commissario Reding annuncia una possibile revisione dell'accordo Safe Harbor sul trasferimento dei dati personali tra UE e USA.
L’Unione Europea è pronta a rivedere i termini del Safe Harbor Agreement, l'intesa che governa lo scambio dei dati personali con gli Stati Uniti, in vigore dal 2000, senza escludere l’ipotesi di accantonarla del tutto. E’ quanto ha reso noto il commissario europeo alla giustizia Viviane Reding nel corso di una conferenza stampa tenuta a margine di un vertice con i ministri della giustizia dei 28 stati membri dell’UE. L’annuncio prefigura la prima concreta risposta europea allo scandalo Prism, il capillare programma di spionaggio della NSA (National Security Agency) portato alla ribalta dalle rivelazioni dell’ex agente CIA Edward Snowden.
“Abbiamo la sensazione che dopotutto l’accordo di Safe Harbor non sia capace di offrire garanzie così certe”, ha ammesso la Reding. Per contro, “potrebbe aver creato una scappatoia per un ampio trasferimento di dati perché ne autorizza la trasmissione dall’Ue alle compagnie statunitensi, nonostante le regole a regime oltreoceano siano meno stringenti delle nostre”. In buona sostanza, questo significa che “i dati personali dei cittadini comunitari hanno potuto essere trattati dagli Stati Uniti senza il bisogno di ricorrere all’autorizzazione di un giudice”.
Di qui l’intenzione di rimettere mano al compromesso Usa-Ue. “Ho informato i ministri europei che la Commissione sta lavorando ad una corposa revisione dell’Accordo di approdo sicuro, che verrà presentata entro la fine dell’anno”, ha precisato il commissario alla giustizia, che, addirittura, non ha nemmeno escluso l’eventualità di congelarlo integralmente, sebbene si sia affrettata a descrivere questo scenario come “un’estrema ratio”. Negoziato dall’allora amministrazione Clinton nel corso del 2000, il Safe Harbor Agreement era stato messo a punto per garantire un livello di tutela adeguato ai dati personali dei cittadini europei trasferiti oltreoceano da aziende pubbliche o private.
In estrema sintesi l’intesa prevede l’adesione delle aziende americane (quantunque volontaria) ad un regime tarato sulle medesime tutele previste dalla direttiva europea sulla privacy. Il compromesso, inoltre, eviterebbe alle imprese e alle multinazionali USA di esporsi a possibili interventi europei che potrebbero bloccare i trasferimenti di dati. Una rete di protezione che, con il senno di poi, e come riconosciuto venerdì dalla Reding, ha rilevato enormi falle, non riuscendo ad impedire sostanziali abusi.
(Fonte: Unione Europea - Comunicato Stampa del 22 Luglio 2013)