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TUTELA DEI DATI PERSONALI

Corte di Giustizia UE: quando gli indirizzi IP dinamici sono dati personali e a quali condizioni possono essere conservati da un gestore di un sito web.

Il gestore di un sito Internet può avere un interesse legittimo a conservare determinati dati personali dei visitatori per difendersi dagli attacchi cibernetici. L’indirizzo di protocollo Internet dinamico di un visitatore costituisce, per il gestore del sito, un dato personale, qualora detto gestore disponga di mezzi giuridici che gli consentono di far identificare il visitatore interessato grazie alle informazioni aggiuntive di cui il fornitore di accesso a Internet del visitatore dispone
 
Il sig. Patrick Breyer si oppone dinanzi ai giudici tedeschi alla registrazione e alla conservazione dei suoi indirizzi di protocollo Internet («indirizzi IP»)[1] da parte dei siti Internet dei servizi federali tedeschi da lui consultati. Tali servizi registrano e conservano, oltre alla data e all’ora della consultazione, gli indirizzi IP dei visitatori al fine di difendersi dagli attacchi cibernetici e di rendere possibili le azioni penali.
 
Il Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia, Germania) si è rivolto alla Corte di giustizia per sapere se, in tale contesto, gli indirizzi IP «dinamici» costituiscano anch’essi, per il gestore del sito Internet, un dato personale, e godano quindi della tutela prevista per simili dati. Un indirizzo IP dinamico è un indirizzo IP che cambia a ogni nuova connessione a Internet. A differenza degli indirizzi IP statici, gli indirizzi IP dinamici non consentono di associare, attraverso file accessibili al pubblico, un certo computer al collegamento fisico alla rete utilizzato dal fornitore di accesso a Internet. Pertanto, solo il fornitore di accesso a Internet del sig. Breyer dispone delle informazioni aggiuntive necessarie per identificarlo.
 
Peraltro, il Bundesgerichtshof desidera sapere se il gestore di un sito Internet debba, almeno in principio, avere la possibilità di raccogliere e impiegare ulteriormente i dati personali dei visitatori per garantire il funzionamento generale del suo sito. Esso rileva, al riguardo, che la maggior parte della dottrina tedesca interpreta la normativa nazionale in materia nel senso che tali dati devono essere cancellati alla fine della sessione di consultazione, a meno che non siano richiesti a fini di fatturazione.
 
Con la sua odierna sentenza, la Corte risponde, anzitutto, che un indirizzo IP dinamico registrato da un «fornitore di servizi di media online» (ossia dal gestore di un sito Internet, nel caso di specie i servizi federali tedeschi) durante la consultazione del suo sito Internet accessibile al pubblico costituisce, nei confronti del gestore, un dato personale[2] qualora esso disponga di mezzi giuridici che gli consentano di far identificare il visitatore grazie alle informazioni aggiuntive di cui il fornitore di accesso a Internet di quest’ultimo dispone.
La Corte rileva, in proposito, che, apparentemente, esistono in Germania strumenti giuridici che consentono al fornitore di servizi di media online[3] di rivolgersi, in particolare in caso di attacchi cibernetici, all’autorità competente affinché quest’ultima assuma le iniziative necessarie per ottenere tali informazioni dal fornitore di accesso a Internet e per avviare successivamente procedimenti penali.
 
In secondo luogo, la Corte risponde che il diritto dell’Unione osta a una normativa di uno Stato membro ai sensi della quale, in mancanza di consenso del visitatore, un fornitore di servizi di media online può raccogliere e impiegare i dati personali del visitatore solo nella misura in cui ciò sia necessario per consentire l’effettiva fruizione dei servizi da parte di detto visitatore e di fatturarla, senza che l’obiettivo di assicurare il funzionamento generale dei servizi medesimi possa giustificare l’impiego di tali dati dopo una sessione di consultazione degli stessi.
 
La Corte ricorda che, secondo il diritto dell’Unione, il trattamento di dati personali è lecito, tra l’altro, se necessario per il perseguimento dell’interesse legittimo del responsabile del trattamento oppure del terzo o dei terzi cui vengono comunicati i dati, a condizione che non prevalgano l’interesse o i diritti e le libertà fondamentali della persona interessata.
La normativa tedesca, come interpretata dalla dottrina maggioritaria, riduce la portata di tale principio, escludendo che l’obiettivo di garantire il funzionamento generale del medium online possa essere bilanciato con l’interesse o i diritti e le libertà fondamentali dei visitatori.
 
In tale contesto, la Corte sottolinea che i servizi federali tedeschi che forniscono servizi di media online potrebbero avere un interesse legittimo a garantire, al di là di ciascuna effettiva fruizione dei loro siti Internet accessibili al pubblico, la continuità del funzionamento dei loro siti.

(Fonte: Comunicato Stampa della Corte di Giustizia dell’Unione Europea 112/2016 del 19 Ottobre 2016 –  Autore e Titolarità dei contenuti: Corte di Giustizia dell’Unione Europea).


[1] Gli indirizzi IP sono sequenze numeriche assegnate a computer collegati a Internet per consentire la comunicazione tra i medesimi attraverso tale rete. In caso di consultazione di un sito Internet, l’indirizzo IP del computer che effettua l’accesso è trasmesso al server che ospita il sito consultato. Tale comunicazione è necessaria per inviare i dati richiesti al corretto destinatario.
[2] 2 Ai sensi della direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (GU 1995, L 281, pag. 31).
[3] Per quanto riguarda la presente fattispecie, in cui i siti in questione sono gestiti dai servizi federali tedeschi, la Corte osserva che apparentemente i servizi federali tedeschi agiscono, malgrado il loro status di pubbliche autorità, in qualità di soggetti privati.
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