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REATI INFORMATICI

Corte Suprema di Cassazione: non è diffamazione se il mittente ignora che all’account Messenger hanno accesso più persone.



Non integra il delitto di diffamazione (aggravata) l’invio di messaggi diffamatori attraverso la piattaforma Messenger quando l’uso di tale canale – nella convinzione del soggetto agente - non è pubblico ma si ritiene di interagire con un applicativo di messaggistica privata e di interloquire direttamente. L’imputato aveva diffuso al destinatario una missiva dal contenuto lesivo e diffamatorio, senza avere la consapevolezza che al dispositivo avessero accesso anche altri soggetti (tutti facenti parte di un’associazione a cui aderiva, in qualità di Presidente, anche la vittima). Tale circostanza rende assente il dolo poiché manca – secondo la Cassazione, che così ha statuito con la sua sentenza n. 36217/2024 - la consapevolezza della comunicazione “con più persone” richiesta dalla norma incriminatrice ai fini della sussistenza del dolo di diffamazione.
 
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